domenica 25 novembre 2012

Il vantaggio di avere coscienza di quello che sei..

Non ho retto. La radio è partita a trasmettere la Pausini e io ho sconfitto l'inerzia. Alzandomi dalla sedia per andare a spegnere e porre fine a quel tremendo martirio! Ma perchè la musica italiana deve essersi ridotta così? Ancora me lo chiedo. Soprattutto quando scopro che, fino a nemmeno troppi anni fa, suonava così..
 
Le novità del momento
Speciale Gaber 2012

12) Mango – Verso il terzo millennio

E tu mi vieni a dire/ che l'uomo muore/ lontano dalla vita/ lontano dal dolore/e in questa quasi indifferenza/ non è più capace/ di ritrovare il suo pianeta […] E sento che hai ragione se mi vieni a dire/ che anche i più normali/ in mezzo ad una folla/ diventano bestiali/ e questa specie di calma/ del nostro mondo civile/ è solo un'apparenza/ solo un velo sottile.E' talmente tanto tempo che non sentivo la sua voce che potevo anche tranquillamente credere alla voce che si fosse estinto. Per il resto ennesimo pezzo impegnato di Gaber. Ed ennesima interpretazione intensa e addolorata. Ma forse decisamente troppo. Perché qui Mango sembra più concentrato nella riuscita vocale che in quello che realmente sta cantando. E nessuno mi farà credere il contrario.
Voto: 1.
11) Max Pezzali – Il comportamento

E se mi viene bene/ se la parte mi funziona/ allora mi sembra di essere una persona.[…] Mio nonno si è scelto una parte/ che non cambia in ogni momento/ voglio dire che c'ha un solo comportamento./ Io invece ho sempre bisogno/ di una nuova definizione/ del resto lo fanno tutti/ è una tacita convenzione./ Se un giorno noi cercassimo/ chi siamo veramente/ ho il sospetto/ che non troveremmo niente.
Il pensiero di Pirandello riscritto da Gaber. Testo curioso che però finisce per non trovare giustizia nell’interpretazione troppo bassa di Max. Che finisce per non potersi esprimere quanto vorrebbe, o forse solo che è perfetto coi pezzi suoi e lo è decisamente meno nell’interpretare quelli altrui. Ahimè.
Voto: 3.

10) Baustelle - Latte 70

E dài non piangere/ e non piangere./ Amore/ non hai finito neanche di mangiare/ dài mangia qualcosa per favore/ che dopo facciamo l'amore.L’inizio sembra rubato ai Bluvertigo, ma è un attimo che finiscono per sfociare nello stile Afterhours, che è poi quello più classico degli “storici” Baustelle. Ad un certo punto finiscono pure per recitare quasi, manco fossero il Filippo Timi di turno. Uno dei pezzi meno riusciti di Gaber, se mi è concesso crederlo, rivestito per l’occasione da uno dei più apprezzati gruppi di nicchia italiani. Ma boh. Non mi esaltano.
Voto: 4,5. …

9) Cristiano De André – Buttare lì qualcosa

Ho visto tanti giovani lottare/ di fronte alla violenza del potere./ Ho visto tanti giovani impegnati/ militare nei partiti/ con la loro ideologia./ Ma non ho visto mai nessuno/ buttare lì qualcosa e andare via.Un penso intenso e politicamente impegnato, come nel più classico dei Gaber. Eppure pare che non basti. Perché De Andrè Jr. ce la mette tutta ad essere all’altezza del suo illustre predecessore ma a mio sindacabilissimo parere, beh, non ci riesce per nulla. Totalmente freddo, totalmente assente, totalmente impersonale. Giacché non basta una chitarra per essere un cantante. E non basta certo un cognome. Bel pezzo, ma reso senza il brivido che meriterebbe.
Voto: 5.
8) Renzo Arbore – Non arrossire 

Non arrossire/ quando ti guardo/ ma ferma il tuo cuore/ che trema per me/ non aver paura/ di darmi un bacio/ ma stammi vicino/ e scaccia i timorCorreva l’anno 1960. Roba che sono passati più di 50 anni. Il testo è di una banalità inaudita, e sicuramente qui Gaber aveva ancora tutto il meglio da scrivere e dimostrare. E mi sa che non è mai stato così ermetico in vita sua. Arbore finisce per risultate un performer perfetto per l’occasione. Di più in ogni caso non poteva fare.
Voto: 6-.
7) Gianna Nannini – L’attesa
No, non muovetevi/ c'è un’aria stranamente tesa/ c'è un gran bisogno di silenzio/ siamo come in attesa.[…] L'attesa è una suspense elementare/ è un antico idioma che non sai decifrare/ è un'irrequietezza misteriosa e anonima/ è una curiosità dell’anima.
Qui Gaber palesa, più che in altri pezzi, la sua formazione teatrale. Perché , se notate, non c’è un verso uno che sia cantata. E’ tutto solo recitato. E Gianna riesce ad essere intensa come solo lei sa essere. Col rischio che a te non resta che restare totalmente muto. In ascolto. In attesa.
Voto: 7.
6) Luca Barbarossa – I cani sciolti
Da soli non si può far niente,/ non è che io non dia valore all'individuo,/ ma credo che un momento collettivo/ sia un bisogno dell'uomo per sentirsi vivo; […] Da soli non si può far niente/ bisogna tentare una qualche aggregazione,/ la sento come l'unica salvezza,/ un'unione che dia una sicurezza;/ ci dobbiamo ritrovare per non essere travolti/ e non si può contare/ sui cani sciolti.
Più che Barbarossa finisce per sembrare Bennato. Ed è un attimo, finito il pezzo, ritrovarti ad intonare “Seconda stella a destra questo è il cammino”. Eppure il pezzo fila via dolce seguendo la musicalità delle rime e delle parole. Un’interpretazione che riesce ad appoggiarsi alla perfezione sul senso del pezzo. Perché Gaber finisce che è perfetto in bocca a chiunque.
Voto: 7.
 
5) Roberto Vecchioni – La ballata del Cerutti
Una notte in una strada scura/ occhio c'e' una lambretta/ fingendo di non aver paura/ il Cerutti monta in fretta/ ma che rogna nera quella sera/ qualcuno vede e chiama/ veloce arriva la pantera/ e lo vede la madama..
Una ballata deliziosa che nel tempo è inspiegabilmente diventato uno dei brani più noti di Gaber stesso. Io lo ricordo giusto per le citazioni targate Articolo 31. Qui ad ogni modo ad interpretarlo ci pensa un altro maestro di parole e poesie, tale Vecchioni. Indubbiamente perfetto per il pezzo. Anche se, evidentemente, ci mette un gran poco del suo..
Voto: 7.



4) Gian Piero Allosio – La strana famiglia

Vi presento la mia famiglia/ non si trucca, non si imbroglia/ è la più disgraziata d'Italia,/ anche se soffriamo molto/ noi facciamo un buon ascolto/ siamo quelli con l'audience più alto./ Il bel paese sorridente/ dove si specula allegramente/ sulle disgrazie della gente./ Come ti chiami, da dove chiami,/ stiam diventando tutti scemi,/ pronto, pronto, pronto stiam diventando tutti coglioni…
Ironico più che mai, Gaber alle prese con il mondo assurdo della televisione. E per assurdo la metà dei programmi sono tuttora in onda, perché il tempo passa ma noi siamo sempre poi gli stessi. Ecco, poi ho scoperto di essere “coglione” pure io, come citava Gaber stesso nel pezzo, perché pare che il testo è stato effettivamente “riadattato” da D’Allosio stesso. Un ammodernamento che funziona alla perfezione. Canzone allegra che spezza un po’ il filone di riflessione a cui Giorgio ci ha abituato. Ma resta un dubbio. Ma sto D’Allosio chi sarebbe poi?! Vabbè..
Voto: 7+.

3) Articolo 31 – Io non mi sento italiano

Mi scusi Presidente/ non è per colpa mia/ ma questa nostra Patria/ non so che cosa sia. […] Mi scusi Presidente/ dovete convenire/ che i limiti che abbiamo/ ce li dobbiamo dire./ Ma a parte il disfattismo/ noi siamo quel che siamo/ e abbiamo anche un passato/ che non dimentichiamo. […] Io non mi sento italiano/ ma per fortuna o purtroppo lo sono.
Uno dei più acclarati inni all’Italia, e agli italiani. Scevro di ogni sorta di buonismo e falso patriottismo. Un’ammissione di colpa che permette di però di riconoscere i nostri limiti più palesi, dimostrando che possiamo essere ciò che siamo in nome di una Storia, sia pure fatta di errori e inaccortezze. Questa poi era la fase “scanzonata” di J Ax, Quando ancora era articolo 31, avanguardista hip-hop, radio, baccano, delirio e casino. Però già allora con un indiscusso gusto musicale, se già allora scelse di fare una cover di Gaber. E indubbio che riuscì, scegliendo il pezzo più nelle sue corde. Scegliendo un brano che esprimeva alla perfezione ciò che Gaber voleva dire, capovolgendolo, ma tenendolo uguale, dimostrando che poi valeva tutto lo stesso anche per J Ax, nonostante fosse della generazione dopo…
Voto: 7,5.
2) Daniele Silvestri – Il signor G. nasce
Quanti fiori colorati, sono nato in una serra./ Quanti volti emozionati, quanta gente che mi afferra./ Che fortuna! Ho tanti amici/ e son qui tutti felici:/ tra sorrisi e complimenti prendo i primi sacramenti./ […] E comincia coi commenti/ la sfilata dei parenti;/ ma io proprio non capisco perché son così contenti.
Un brano leggero e autobiografico che porta il marchio Gaber in ogni nota. Silvestri riesce a renderlo alla perfezione, rispettando ritmi, silenzi e intonazioni. A tratti finisce per ricordare Alex Britti, o come sempre sarà più Britti a ricordare Gaber.. Cover perfetta. Ma Silvestri è Silvestri. Ecchecazzo!
Voto: 8-.
 
1) Eugenio Finardi - I reduci

E allora è venuta la voglia di rompere tutto/ le nostre famiglie, gli armadi, le chiese, i notai/ i banchi di scuola, i parenti, le "centoventotto"/ trasformare in coraggio la rabbia che è dentro di noi. […]E allora ti torna la voglia di fare un'azione/ ma ti sfugge di mano e si invischia ogni gesto che fai/ la sola certezza che resta è la tua confusione,/ il vantaggio di avere coscienza di quello che sei/ ma il fatto di avere la coscienza che sei nella merda più totale/ è l'unica sostanziale differenza/ da un borghese normale.
Una voce inconfondibile per un’altra poesia targata Signor G. Un  ritmo coccolante per un brano un po’ rinunciatario e un po’ promotore di rivoluzione. Egregiamente cantato da un sottovalutatissimo maestro quale è Finardi. Risultato ineccepibile.
Voto: 8,5.

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